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Tutankhamon e la daga delle stelle

Aggiornamento: 20 gen 2022



Nel 1925, a distanza di quasi tre anni dal ritrovamento della tomba, finalmente Howard Carter liberò il corpo di Tutankhamon dalle bende. Scrutandone il volto, l’egittologo inglese rimase perplesso.


Nel corso degli anni aveva visto altre mummie egizie e aveva potuto farsi una certa esperienza in merito alle tecniche di mummificazione, per questo osservando il corpo stranamente annerito e il pessimo taglio addominale da cui era avvenuta l’eviscerazione capì che coloro che avevano eseguito da delicata operazione di imbalsamazione avevano commesso delle vere e proprie leggerezze.

Carter annotò mentalmente quei dettaglio, e decise che al riguardo vi avrebbe dedicato una approfondita riflessione. Infine proseguì con l’analisi del corpo e dei suoi amuleti.


Ad un tratto eccolo lì.



Sottile e perfetto. Con l’astuccio finemente lavorato in oro e il pomello dell’elsa in cristallo di rocca Giaceva tra le bende, adagiato a contatto del corpo del sovrano e sembrava che Tutankhamon potesse da un momento all’altro allungare la mano, afferrarlo e far brillare la lama in ferro alla luce del sole.


Invece il faraone e la sua daga giacevano assopiti nell’oscurità da oltre tremila anni.

Negli ultimi cento anni il reperto è stato conservato presso il Museo Egizio del Cairo, quasi dimenticato in una teca, insieme ad altre armi ritrovate nel corredo funebre del giovane faraone. Chissà quanti visitatori hanno visto distrattamente la daga senza prestarle grande attenzione. Peccato, perché questo reperto è eccezionale nel suo genere. Difatti presenta anomalie e domande circa la sua origine.


Anche Tutankhamon, mentre era in vita, ritenne che quell’arma fosse speciale, lo si intuisce dai dettagli preziosi con cui è stata decorata, come il fodero in oro battuto, e soprattutto dal fatto che il faraone la volle con sé nel suo viaggio verso l’aldilà.


Un disegno di Howard Carter ci mostra dove con esattezza la daga fu ritrovata e ciò ne avvalla l’importanza.

La tomba di Tutankhamon straripava di scettri e armi: centinaia di frecce, decine di archi, mazze… tuttavia il faraone al suo fianco voleva la daga e niente altro.


Cosa rendeva tanto speciale la daga?

Una prima risposta era: la lama di ferro. Di per sé questo era un fatto a dir poco eccezionale. Ai tempi di Tutankhamon, infatti, il ferro era un minerale raro e prezioso più dell’oro poiché non si conoscevano né la presenza delle vene metallifere di ferro (abbondanti e varie) né le tecniche metallurgiche di estrazione. Ciò significa che il ferro veniva acquistato a caro prezzo e impiegato per pochi e selezionati oggetti, e destinati all’élite del regno e ai rituali magici.


La vera meraviglia della lama della daga risiede nella sua composizione, essa infatti non è fatta solo di ferro. Attraverso una particolare indagine a raggi X che ha svelato la composizione chimica del metallo:

  • ferro (88,4%), nichel (11%) e cobalto (0,6%). Si tratta di una particolare combinazione non terreste.


La daga delle stelle ha origine extraterrestre. Meteoritica, per l’esattezza.

Gli Egizi lo chiamavano “ferro caduto dal cielo”. Sapevano che raccogliendo e lavorando i frammenti meteoritici potevano ottenere quel materiale così raro e prezioso, un autentico dono degli dèi.



Per questo, come prima accennato, il ferro veniva impiegato in alcune cerimonie, come quella dell’Apertura della bocca: gli strumenti chiamati peseshkef e uerhekau dovevano perciò essere in ferro poiché il loro potere celeste si sarebbe trasferito allo spirito del defunto; toccando principalmente occhi, naso, orecchie e bocca, la mummia avrebbe nuovamente parlato, respirato e mangiato così da vivere per l’eternità tra le Stelle Imperiture.


Nel viaggio attraverso la Duat, nelle dodici ore oscure che ostacolavano la Rinascita, il giovane faraone forse avrebbe sognato di stringere la mano sull’elsa dorata e di trarre fora e coraggio dall’arma celeste, potente e magica. Sprofondando nella discesa ombrosa, Tutankhamon avrebbe lottato e vinto i mostri, che tentavano di ostacolare l’avanzare della barca solare, mentre la lama in ferro riverberata vittoriosa nelle profondità ctonie e misteriose dell’aldilà.


Forse allo scoccare della sesta ora, allorché si sarebbe riunito con Osiride, avrebbe rinfoderato la daga e sorriso all’eternità.


Con il dio di Abido avrebbe navigato sereno, senza temere le spire di Apophi, e


alla fine si sarebbe abbandonato all’abbraccio luminoso e senza fine della nuova alba celeste.

La daga delle stelle è solo una delle tante meraviglie custodite e ritrovate nella tomba di Tutankhamon e noi le scopriremo insieme!


Consigli di lettura


Tutankhamon. Viaggio nell'oltretomba

di Sandro Vannini















Viaggio nell'Amduat

di E. Hornung

(in inglese)

 
 
 

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