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Sacrifici umani nell'antica Sardegna?

I rituali che avevano luogo presso le domus de Janas potevano essere molto cruenti e prevedere sacrifici, come attestano le conche di sgocciolamento.



Presso le società arcaiche, il sacrificio di un animale era una pratica consueta; più raro, ma comunque possibile, era quello umano. Si trattava dell’estremo atto per mezzo del quale si tentava di acquietare l’ira degli dèi. A Creta sono stati ritrovati i resti di diversi sacrifici umani; uno in particolare è giunto a noi intatto nella sua drammatica esecuzione: nel piccolo tempio di Anemospilia, presso del Monte Iouktas, un giovane ragazzo fu sacrificato su un altare per placare la dea-terra. Subito dopo il sacrificio, gli officianti perirono sepolti dalle macerie del tempio, crollato improvvisamente a seguito delle scosse di terremoto che da tempo colpivano l’isola.


A Ichnusa, possibili sacrifici umani risalirebbero al periodo fenicio, quando verso il VIII sec. a.C. il popolo di navigatori fondò colonie sull’isola: Karalis, Nora, Bithia (presso Capo Spartivento), Sulcis (sull’isola di Sant’Antioco), Tharros e Bosa sono tutte di origine fenicio-punica. L’influenza culturale e la conseguente commistione di culti sono attestati dai tofet, santuari a cielo aperto dedicati alla dea Tanit (nota anche con il nome di Astarte). Presso tali luoghi di culto, ritrovati negli anni ‘20 a Tharros, Nora, Sulcis, Monte Sirai, Cagliari e Bithia, vennero scoperte urne contenenti ossa combuste di bambini e di animali. Il tofet, parola biblica indicante il probabilmente “luogo di arsione”, indicherebbe il santuario dove venivano immolati bambini in tenera età.


Si dibatte tuttora sulla natura dei tofet. Come avanzato dalle ricerche archeologiche, il tofet non sarebbe un luogo di sacrificio cruento, ma una sorta di necropoli sacra nella quale venivano sepolti con un rito particolare i bambini nati morti, dunque i feti, o i bambini deceduti prima dei due anni di vita, dunque prima dell’iniziazione, corrispondente al nostro battesimo.

I bambini venivano dunque simbolicamente rinviati alle divinità protettrici, Baal Hammon e Tanit, e al contempo veniva richiesta la nascita di un ulteriore figlio[1].

Tofet di Tharros

Decisamente plausibile. Tuttavia, uno studio recente della Oxford University ha ribadito che le iscrizioni contengono riferimenti inequivocabili a sacrifici, con formule di ringraziamento al dio Baal o alla dea Tanit, che avevano ascoltato e concesso la benedizione chiesta.


Lo studio inglese, condotto da un team di archeologi, sembra non porre dubbi e Josephine Crawley Quinn, professore associato di Storia antica presso la Facoltà di lettere classiche e Tutor in Storia antica al Worcester College, Università di Oxford, ha affermato:


«non può essere che così tanti bambini morivano opportunamente nel giusto momento per diventare delle offerte e, in ogni caso, un bambino non in salute o addirittura morto sarebbe stato un ben misero omaggio alla divinità, con la paura che questa lo rifiutasse. C’è inoltre il fatto che gli animali trovati nei siti sepolcrali, i quali erano indubbiamente offerte sacrificali, erano seppelliti esattamente allo stesso modo e spesso nelle medesime urne dove venivano collocati i bambini».[2]


Il dibattito resta aperto. Il sacrificio di bambini, per quanto sconcertante, rientrava nelle pratiche ritualistiche di diverse civiltà.

La Bibbia conserva il ricordo delle usanze cananee e fenicie:


o «Hanno costruito le alture di Tofet nella valle di Ben-Innòm, per bruciare nel fuoco i loro figli e le loro figlie»[3]
o «hanno costruito le alture di Baal per bruciare nel fuoco i loro figli come olocausti a Baal» [4]
o «vi contaminate presentando le vostre offerte e facendo passare per il fuoco i vostri figli» [5]

Infatti, nel libro del Deuteronomio, Yahweh, dio dell’Antico Testamento, ammoniva il suo popolo chiaramente: «non si trovi in mezzo a te chi fa passare per il fuoco il suo figlio o la sua figlia»[6]. E re Giosia «rese impuro il Tofet, che si trovava nella valle di Ben-Innòm, perché nessuno vi facesse passare il proprio figlio o la propria figlia per il fuoco in onore di Moloc [dio fenicio, NdA]»[7].


In Perù, nel 2014, è stato documentato nella regione di La Libertad il più grande sacrificio collettivo di bambini: sono stati ritrovati i resti di 140 scheletri umani e di 200 giovani lama.


Una caratteristica indispensabile da parte delle vittime era la perfezione fisica, precetto che la Bibbia conserva intatto: «il vostro agnello sia senza difetto»[8]; «se la sua offerta per il sacrificio di comunione in onore del Signore è presa dal bestiame minuto, maschio o femmina, la presenterà senza difetto»[9]; «se porterà una pecora come offerta per il peccato, porterà una femmina senza difetto»[10]; ecc.

Filone di Biblo[11] conferma:


«i Fenici nei pericoli più gravi sia di guerra sia di siccità sia di pestilenza uccidevano qualcuno dei propri cari votando a Saturno [cioè Baal]. E la storia dei Fenici è piena di questo tipo di sacrificio»[12].

Stele fenica

Tutti i popoli sembrano avere praticato in forme diverse il sacrificio umano, ritenuto l’offerta più alta e più nobile da presentare agli dèi. Secondo il mito, re Agamennone immolò la figlia Ifigenia per placare il dio Poseidone e avere vento in poppa e mare calmo navigando verso Troia. Il biblico Abramo fu sul punto di scarificare il figlio Isacco.


È storicamente provato che i Celti immolavano prigionieri di guerra e che i Vichinghi a Uppsala, in Svezia, appendevano le vittime ai rami degli alberi di un bosco sacro finché non morivano dissanguate. I Romani, fino al III sec. a.C., compivano sacrifici umani per propiziare la vittoria in battaglia. I Cinesi, verso la fine del II millennio a.C., praticavano numerosi sacrifici umani; migliaia di persone venivano mandate a morte a ogni funerale di re; questo tipo di immolazioni era molto praticato anche nel Mediterraneo: gli Sciti uccidevano tutti i cuochi, gli staffieri e i maggiordomi del vecchio re, oltre ai cavalli più belli e ai giovani guerrieri che li avrebbero cavalcati nell’aldilà[13]; in Egitto, ad Abydos, nelle prime tombe sono stati trovate tracce di olocausti analoghi.


Quanto detto lascia suppore che anche a Ichnusa, specialmente durante il periodo fenico-punico, si siano verificati sacrifici umani e il ricordo delle consuetudini religiose è conservato nelle credenze e superstizioni popolari.





Per approfondimenti


[1] S. Moscati, Fenici e Cartaginesi in Sardegna, Ilisso edizioni, Nuoro, 2005. [2] Archaeology.org - carthage-tophet-sacrifice- 2014. [3] Geremia 7; 31 [4] Geremia, 19;5. [5] Ez 20;31 [6] Dt 18,10 [7] 2Re 23;10 [8] 12,5 [9] Lv 3,6 [10] Lv 4,32 [11] Storico greco vissuta tra il 40 d.C. circa – 130 d.C. circa. [12] Arche monografie, Fenici, marzo 2019. [13] M. Harris, Cannibali e re, Le origini delle culture. Feltrinelli edizioni, Milano, 2013.

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