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Come Satana è diventato il diavolo

Le sue trasformazioni storico-religiose nella Bibbia

 


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Chi è Satana?

Nel cuore delle tenebre della storia umana, si cela una figura enigmatica che ha assunto molteplici volti: Satana. Ma chi è realmente? È l’antagonista eterno della felicità umana, un nemico invisibile che si nutre delle nostre disillusioni, o è semplicemente un’eco di antiche superstizioni?

Questi e altri quesiti sono affrontati al fine di comprendere come il mito del Diavolo si sviluppi e si trasformi nella Bibbia. Intrecciando le fonti canoniche e apocrife, l’autrice mette in luce come la figura Satana si sia trasformata nel corso dei secoli, acquisendo nuovi significati e sfumature anche in risposta agli eventi tumultuosi che hanno scosso Israele dal VII secolo a.C. al II secolo d.C. In questo periodo di profondi cambiamenti, il bisogno di dare un senso alla catastrofe nazionale divenne più pressante che mai, tanto da spingere sacerdoti e pensatori a rielaborare le tradizioni esistenti e a sviluppare nuove interpretazioni.

Come Satana è diventato il Diavolo indaga questo processo di metamorfosi attraverso tumulti storici, religiosi e personali nel tentativo di trovare risposata a domande senza tempo: come è nato Satana? È davvero l’antagonista di Dio? Qual è il suo legame con il Diavolo e Lucifero? Fu lui a tentare Eva nel giardino dell’Eden?

Insieme al tema dell’eterna lotta tra il Bene e il Male e al peccato originale sono le “verità teologiche” che ci spingono a interrogarci criticamente sulla condizione umana e sulle dinamiche sociali che plasmano il concetto di bene e male nelle società contemporanee.


Satana è un autentico camaleonte.

Difficile intrappolarlo in una forma o un nome, poiché nei secoli ha assunto aspetti, ruoli e funzioni sempre diversi.

Come in un romanzo di Borges, il Maligno è il bibliotecario di un infinito archivio di specchi, dove ogni riflesso è una storia umana o un monito sulla natura ambigua del bene e del male. Egli si mostra come l’eterno antagonista della felicità, il nemico invisibile che si nutre del nostro perpetuo disinganno; in lui troviamo l’eco di antiche superstizioni, ma anche la sfida a comprendere il mondo attraverso la scienza e la ragione, anziché il soprannaturale.

Ma chi è, in verità? Antagonista eterno della nostra felicità, predatore invisibile delle disillusioni, o semplice eco di superstizioni antiche?

Rispondere a queste domande non sono facile, nella misura in cui non lo è ogniqualvolta ci si interroga su Dio e la sua natura.

La realtà è che non c'è una fonte testuale che descriva adeguatamente Satana. No, nemmeno la Bibbia lo fa.

Questo potrebbe sorprendere molti, e ciò dipende dal fatto che “la storia di Satana” è stata raccontata con sicurezza dalla Chiesa, esponendo il suo curriculum vitae come se fosse un “personaggio noto e ben definito alle autorità ecclesiastiche.”

Così non è. Come vedremo, la sua biografia, per come la consociamo, è un amalgama di tradizioni, narrazioni e personaggi che si sono intrecciati e sovrascritti nel tempo.

Autentico “canovaccio espiatorio” che conserva le contraddizioni della società occidentale, influenzata, in un modo o nell’altro, dalla Bibbia.

Potremmo dire che con il termine “satana” ci riferiamo ad una maschera dietro la quale si trova un abisso di paure e incertezze, di tradizioni e riti diversi che hanno in comune il tentativo di spiegare ragione della sofferenza.

Quest’ultimo aspetto è confermato dalla stessa Bibbia, che dall’esilio babilonese in poi ha dovuto trovare una spiegazione alla sconfitta, alla deportazione e alla occupazione straniera.

“Satana”, dunque, diviene ogni ostacolo al trionfo di Israele e il problema del “perché c’è il male?” in un mondo creato da un Dio buono e generoso viene spiegato attraverso le mancanze del popolo. Tuttavia, questa è una spiegazione teologica.


Come fa la storia a spiegare il male?

Il male, nelle sue manifestazioni fisiche o psicologiche, è, insieme alla morte, il vero dramma della vita umana.

Esso è l’insieme di fattori culturali, umani, casuali che si intrecciano nelle esistenze di ogni creatura che abita il nostro pianeta. IL male, come la morte, non riguarda solo gli esseri umani ma è una condizione universale: le categorie certamente sono relative, nel senso che ciò che culturalmente un tempo era accettato come sacro e legittimo oggi viene rigettate con fermezza, per esempio i sacrifici umani o la schiavitù. Non vi è dubbio che il male evolva insieme alle società, poiché è parte integrante della natura umana.  La violenza, la menzogna e la sopraffazione sono strumenti usati, tuttora come in passato, per assicurarsi vantaggi economici personali o nazionali. Allo stesso modo guerre, genocidi e dittature non sono quasi mai opera di una sola persona “malvagia”, ma di strutture politiche, burocratiche e militari che permettono e facilitano crimini di massa. Spesso, chi partecipa a questi eventi non si considera “malvagio”, ma ritiene di stare solo eseguendo gli ordini, proteggendo la propria nazione o agendo per il “bene superiore”. Per esempio, la caccia alle streghe, la segregazione razziale o la persecuzione politica furono giustificate con argomenti giuridici e morali, facendole apparire come atti “necessari” e non come mali assoluti.


Di fronte a tali tragedie e catastrofi, in assenza di prospettive escatologiche, la ragione umana si perde come l’ago di un giradischi che non trova la traccia.

Sembra che gli ultimi millenni di educazione religiosa e culturale antropocentrica ci abbiamo reso impossibile accettare di essere solo un frammento del sistema, non il perno attorno cui ruota tutto.

Secondo questa visione, ogni elemento negativo, sfortunato, tragico, almeno in alcuni contesti, viene attribuito e spiegato come opera di Satana e disegno di Dio.


Quindi Satana agisce coscientemente (e con beneplacito di Dio) contro di noi ma per il nostro bene? Per farci giungere ad una illuminazione o alla sublimazione della nostra esistenza? 


Su questo tema si sono interrogati pensatori e teologici ebrei, cristiani e musulmani. In realtà non esiste un’epoca umana che non abbia affrontato e provato a spiegare la natura del male.

 

«Mi chiedevo donde il male, e non sapevo darmi risposta», diceva sant'Agostino. Già Paolo di Tarso aveva sollevato tale dilemma parlando di Mysteryum Iniquitatis nella Seconda lettera ai Tessalonicesi (2,7) come della forza malvagia che opera in modo misterioso nel mondo, ma che sarà sconfitta al ritorno di Cristo:

«Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. Solo allora sarà rivelato “l’empio” e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà […]».

 

Secondo la dottrina cristiana, fino al ritorno di Cristo l’umanità deve convivere con la sofferenza. Il “Mysterium Iniquitatis” tocca uno dei quesiti più profondi che affliggono l'uomo: perché Dio consente la presenza del male?

La Chiesa risponde che è conseguenza del peccato originale, avendo deteriorato l'essenza umana e palancato le porte alle insidie del Diavolo. Questi, fulcro del Mysterium Iniquitatis, incarna la contrapposizione assoluta a Dio e al suo dominio, e si adopera l’unico scopo di tentare e dannare l'umanità.


Il Concilio vaticano II è stato chiaro: «Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre, lotta cominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della grazia di Dio. […] L’uomo si trova incapace di superare efficacemente da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato».

 

La Chiesa, dunque, insegna che il Diavolo è un nemico reale che va combattuto con la fede, la preghiera e la vigilanza, e che solo una vita in conformità ai principi del Vangelo può offrire protezione.

 

Dunque, non ci resta che preghiera e vigile attesa di salvezza?

Che ne è stata della riflessione umanistico-rinascimentale dell’Umanità artefice del proprio destino? Dell’importanza della ragione, della libertà individuale e dell’autodeterminazione?

 

Il Mysterium Iniquitatis introduce l’idea di un male metafisico, di una forza esterna che influenza l’umanità, che nella dottrina cristiana che diventa la personificazione di Satana-Diavolo-Lucifero, un essere che opera contro Dio e contro l'umanità.


Ma è davvero così? Il Male ha davvero una identità univoca?

Senza dubbio, Satana, come Dio, esprime una necessità umana: dare ordine al caos, trovando un senso al male e alla sofferenza, inquadrandoli in un'ottica provvidenziale.

D’altronde se Dio esiste ed è infinitamente buono, allora deve per forza esistere un’entità opposta, Satana, a cui attribuire la causa del male. Questa dualità offre all’umanità un quadro in cui trovare consolazione, immaginando un conflitto cosmico tra Bene e Male che trascende la nostra esistenza. Dare la colpa a Satana può quindi fornire un sollievo psicologico, attenuando il senso di impotenza di fronte al dolore e preservando l’illusione di avere una presa sulla realtà.

Su questo fronte, la Chiesa cattolica si mostra unanime nel mettere in guardia i fedeli dai pericoli e dalle insidie del Maligno. I pontefici stessi, con accorati ammonimenti, invitano a vigilare e a non cedere alle tentazioni di Satana.


Tuttavia, nonostante gli affabili e abili panegirici teologici, mi risulta difficile conciliare l’esistenza del Diavolo con quella di Dio, fonte di ogni perfezione. In quanto negazione di Dio, la presenza del Maligno non implica una limitazione della potenza e della bontà divina?

Nell’Antico Testamento, la figura di Satana appare subordinata a Dio, priva di un’identità precisa e con un ruolo marginale all’interno dei racconti. Questa rappresentazione iniziale si discosta nettamente da quella delineata nel Nuovo Testamento, dove Satana diviene il Diavolo ed assume la funzione di antagonista di Dio nella lotta per la salvezza dell’umanità e dell’intero cosmo. In questa nuova prospettiva, il Diavolo viene spesso identificato con Lucifero, un angelo ribelle che si oppone al volere divino, dando origine al male e al peccato.

Nella letteratura apocalittica cristiana, la concezione dualistica del Bene e del Male diventa predominante, dando luogo all’idea di una lotta cosmica tra queste due forze opposte.


Le diverse interpretazioni religiose cercano di dare forma alla realtà incomprensibile del male che, secondo un’interpretazione razionale e laica, in alcuni casi è una questione puramente umana, mentre in altri è il risultato del caso.

La spiegazione del male è nelle parole della Natura leopardiana:

«Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? E, senza attendere risposta, spiega che le sue azioni non hanno come fine la felicità o l’infelicità degli uomini: quando io vi offendo… io non me n’avveggo; come, ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so. E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei.»[1]

 

Forse è giunto il momento di liberarci dalla presunzione antropocentrica e di ricordare che siamo solo una piccolissima parte di un vasto e intricato mosaico cosmico, e che l’umanità potrebbe non essere l’alfa e l’omega dell’universo. Siamo atomi tra atomi, elementi di un eterno ciclo di creazione e distruzione.

Noi possiamo scegliere se agire per il bene o per il male. È una questione di etica personale, non di controllo o possessione demoniaco.

 

 Come Satana è diventato il diavolo? è un invito a guardare oltre le apparenze, oltre ai dogmi, per riflettere criticamente sulla natura del male, non come un’entità esterna all’uomo, ma come un prodotto delle sue azioni. Satana, quindi, non deve essere un capro espiatorio, né la spiegazione per i fenomeni incompresi. In quanto simbolo potente dell’inconscio collettivo, è un archetipo primordiale che incarna il lato oscuro dell’umanità. Pertanto, la sua comprensione dovrebbe portarci a trascendere le antiche narrazioni che ci legano a paure arcaiche e a diventare consapevoli artefici del nostro destino, si spera, positivo.


[1] G. Leopardi, Operette Morali, Dialogo della Natura e di un islandese.

 
 
 

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