Akhenaton e Nefertiti - sacro e profano del culto del Sole
- Stefania Tosi
- 11 ott
- Tempo di lettura: 7 min

Il destino è un vasaio imprevedibile.
Nel cuore dorato del Nuovo Regno, quando l'Egitto era una superpotenza baciata dagli dèi e temuta dagli uomini, un'ombra si allungava sulla città di Tebe. Era l'ombra del potere stesso. Faraoni guerrieri, come il grande Thutmose III, avevano marciato alla testa dei loro eserciti, spingendo i confini dell'impero fino ai deserti della Siria e alle cascate della Nubia. Oro, tributi e schiavi affluivano nella capitale, ingrassando non solo il tesoro reale, ma soprattutto i templi del dio supremo, Amon-Ra.
I suoi sacerdoti erano diventati principi, la loro influenza un veleno lento che si insinuava nelle vene del regno. Controllavano un patrimonio così vasto da rivaleggiare con quello del faraone, la loro parola pesava quanto un editto reale. In questo mondo di tradizioni millenarie, dove persino una regina come Hatshepsut aveva dovuto governare indossando la barba posticcia e i titoli di un uomo, il potere del clero sembrava inscalfibile.
Ma il destino è un vasaio imprevedibile.
Quando l'erede designato, il principe Thutmosi, morì prematuramente, gli occhi della corte si posarono sul suo fratello minore,
un giovane noto come Amenofi IV. Non era un guerriero. Era un sognatore, un teologo dalla mente febbrile, un principe dal corpo forse segnato da lievi deformità, che sembrava più a suo agio a contemplare il cielo che a governare un impero.
E fu proprio guardando il cielo che Amenofi trovò la sua rivoluzione. Non una rivoluzione di spade e carri da guerra, ma di luce. La sua devozione non era per Amon e il suo pantheon affollato, ma per un'unica, pura entità: Aton, il disco solare, la cui energia dava vita a ogni cosa.
Appena salito al trono, la sua preferenza divenne un'ossessione, e l'ossessione un decreto.
Akhenaton, come scelse di farsi chiamare, dichiarò che Aton era l'unico vero dio. Spazzò via secoli di tradizioni, chiuse i templi, bandì i culti antichi.
Si proclamò unico figlio di Aton, l'esclusivo pontefice tra il divino e l'umano, tagliando fuori di netto i sacerdoti di Amon, rendendoli inutili e impotenti.
Fu una mossa di una genialità spietata. Era fede ardente o calcolo politico? Forse entrambe le cose. Il colpo di grazia, l'atto che rese la rottura insanabile, fu l'abbandono di Tebe. Akhenaton voltò le spalle alla capitale millenaria, al suo potere e ai suoi intrighi, e condusse i suoi seguaci nel deserto. Lì, in un luogo dove nessun dio era mai stato adorato, fondò dal nulla la sua utopia: Akhetaton, "l'Orizzonte di Aton".
Non era solo una nuova capitale; era un nuovo mondo, costruito a immagine e somiglianza del suo faraone eretico, un centro di potere dove il re e il suo unico dio avrebbero regnato sovrani, liberi dalle ombre del passato.
Nefertiti, la Grande Sposa e la Coreggente Svelata
Akhenaton aveva creato un universo senza madre. Aveva abbattuto le antiche dee, lasciando un vuoto nel cuore della teologia egizia, dove un tempo Iside e Maat tessevano i fili della creazione e della giustizia. Un dio unicamente maschile non poteva reggere il cosmo da solo. E in quel vuoto, illuminata dalla luce abbagliante di Aton, si fece avanti una donna: Nefertiti.
Non fu più solo la "Grande Sposa Reale", ma divenne la metà femminile del divino. Le pareti dei templi e delle tombe di Akhetaton si riempirono della sua immagine con una visibilità senza precedenti. L'arte rigida e solenne dei secoli passati si sciolse per far posto a scene di un'intimità rivoluzionaria: il faraone e la sua regina non erano più solo sovrani, ma una famiglia, ritratti mentre si scambiavano tenerezze o giocavano con le figlie.
Sopra di loro, il disco solare di Aton non era una divinità distante. I suoi raggi si allungavano verso la coppia, terminando in piccole mani che porgevano a entrambi il sacro ankh, il simbolo della vita. Si era formata una nuova trinità terrena: Akhenaton, Nefertiti e il loro dio. Insieme, erano l'unico tramite tra il cielo e la terra.
Nefertiti assunse su di sé il potere delle dee perdute. Divenne la controparte divina del marito, celebrando i riti al suo fianco, a volte persino compiendo gesti sacri che la tradizione riservava unicamente al faraone. Per sigillare questo patto divino, anche il suo nome fu riforgiato, trasformato in Neferneferuaton—"Meravigliosa è la bellezza di Aton". Non era più solo Nefertiti; era diventata la manifestazione vivente della grazia del suo dio.
Fu un'operazione di una raffinatezza politica e teologica sublime. Attraverso la sua regina, Akhenaton non solo legittimò la sua rivoluzione, ma le diede un'anima, restituendo al suo universo l'equilibrio necessario. Il potere divino femminile non era stato cancellato, ma distillato e reincarnato in una sola, magnifica donna.
Chi è Neferneferuaten?
Mentre il sole cominciava a tramontare sul regno di Akhenaton, e la sua rivoluzione dorata scricchiolava sotto il peso della tradizione, un fantasma salì al trono d'Egitto. Un nuovo nome regale apparve nei documenti ufficiali, inciso accanto a quello del faraone: Ankhkheperura Neferneferuaten. Chi era questo co-reggente emerso dalle ombre degli ultimi, turbolenti anni di Amarna?
Per decenni, gli storici credettero di aver risolto l'enigma, dandogli il volto di un giovane di nome Smenkhkare, forse un parente o un amante effeminato del re. Una figura di passaggio, un debole bagliore prima della fine. Ma la polvere del tempo nascondeva un segreto, un indizio sussurrato da un geroglifico dimenticato. Su alcuni cartigli, accanto al nome del sovrano, gli egittologi scoprirono un epiteto inequivocabilmente femminile: "Akhet-en-hyes", "Efficace per il suo sposo".
La rivelazione fu sconvolgente. Il re fantasma... era una regina.
E mentre un nome svaniva dai registri, un altro emergeva con prepotenza nella mente degli studiosi. Dov'era finita Nefertiti, la Grande Sposa Reale, la cui bellezza aveva dominato la scena per quasi vent'anni? Proprio in quel periodo, la sua figura sembrava svanire nel nulla.
La risposta più audace, oggi la più accreditata, è che Nefertiti non scomparve affatto. Si trasformò. Per compiere l'ultimo, inimmaginabile passo della sua ascesa, si spogliò del titolo di consorte per indossare la doppia corona d'Egitto, assumendo il nome regale di Ankhkheperura Neferneferuaten.
Non era più la sposa del dio vivente; era diventata lei stessa un dio vivente, pari in potere e status a suo marito. Le prove restano frammenti di un puzzle incompleto, sussurri da una capitale in rovina. Ma forse l'enigma è la risposta stessa. In un'epoca che aveva osato sfidare gli dèi e riscrivere le regole del potere, quale atto finale poteva essere più rivoluzionario di una regina che diventa re, eclissando la propria identità per diventare l'incarnazione stessa del potere teologico di Amarna?
Il Crepuscolo di Amarna
Diciassette anni. Tanto durò il sogno del faraone eretico. Un battito di ciglia nella storia millenaria d'Egitto. Con la morte di Akhenaton, la sua utopia costruita sulla sabbia crollò con la stessa rapidità con cui era sorta. Akhetaton, la capitale della luce, la città dell'orizzonte di Aton, divenne una città fantasma. I suoi viali, un tempo percorsi da processioni reali, furono invasi dal silenzio e spazzati dal vento del deserto, abbandonati per sempre.
Perché la rivoluzione fallì?
Perché era stata edificata sulla volontà di un solo uomo, contro il sordo rancore di un clero potente e la nostalgia di un popolo a cui erano stati strappati gli dèi familiari. E così, quando il re morì, iniziò la vendetta della tradizione.
Fu una vendetta fredda, metodica, totale. Un esercito di scalpelli si abbatté su ogni tempio, ogni statua, ogni stele. Il nome di Akhenaton fu martellato via dalla pietra, i suoi volti sfregiati, le sue opere cancellate come un errore, una vergognosa parentesi eretica da sigillare e dimenticare. L'obiettivo non era solo punire un morto, ma cucire lo strappo nel tessuto del tempo, per far sì che la storia potesse riprendere il suo corso come se Akhenaton non fosse mai esistito.
Ma prima che l'oblio fosse completo, nell'oscurità che seguì la sua morte, la storia egizia barcollò, entrando in uno dei suoi periodi più enigmatici.
Un successore, Smenkhkare, apparve come un'ombra per un regno brevissimo, quasi spettrale. Al suo fianco, come Grande Sposa Reale, non c'era una principessa straniera, ma il sangue stesso dell'eresia: Meritaten, la figlia primogenita di Akhenaton e Nefertiti.
In un disperato, ultimo tentativo di salvare la rivoluzione, la corte giocò la sua carta più audace: una donna sul trono. L'enigma del faraone Neferneferuaten, di cui i cartigli tradiscono la natura femminile, è la testimonianza di questa lotta.
Era Meritaten, la figlia, che tentava di portare avanti l'eredità del padre? O era la stessa Nefertiti, tornata dalle nebbie della storia per un'ultima, incredibile mossa politica?
Non lo sapremo mai con certezza. Ma quella confusa successione, quel re fantasma e quella regina guerriera, rappresentano l'ultimo, caotico sussulto della fiamma di Aton prima di spegnersi per sempre. Il ritorno all'ordine, incarnato dal giovane Tutankhamon e dai sacerdoti di Amon che manovravano il suo trono, era ormai inevitabile.
Quale eredità?
Così, la meteora di Amarna attraversò il cielo millenario d'Egitto, brillando di una luce accecante per poi svanire in un'oscurità ancora più profonda. La storia del faraone "eretico" non fu, in fondo, che la storia di un'ambizione grandiosa: quella di un re che, per riprendersi il potere usurpato dai sacerdoti, osò sfidare gli dèi stessi. In questa impresa impossibile, ebbe al suo fianco una regina, Nefertiti, che divenne la sua sacerdotessa, la sua controparte divina e, forse, persino il suo pari, un faraone al femminile nell'ora più buia.
Il caos che seguì la sua morte – un balletto di fantasmi chiamato Smenkhkare, una regina dal nome enigmatico, una principessa, Meritaten, forse costretta a portare una corona troppo pesante – non è che l'eco del crollo di quel mondo nuovo. Fu il rantolo di una rivoluzione che si spegneva, soffocata dal ritorno di un'ortodossia implacabile.
Eppure, anche se il tradimento della storia ha fatto del suo meglio per cancellare ogni traccia, il deserto non ha restituito tutti i suoi segreti. Dov'è la tomba della regina più bella d'Egitto? Chi era veramente lo scheletro tormentato della tomba KV55, forse i resti mortali dello stesso Akhenaton?
Il DNA ci sussurra frammenti di verità, ma il mistero rimane, avvolgendo Amarna in un fascino che nessuna damnatio memoriae è riuscita a scalfire.
Ecco la vera eredità di quell'esperimento fallito.
Sebbene il nome di Aton sia stato bandito e quello di Akhenaton maledetto, la sua arte continua a parlarci con un realismo quasi doloroso, mostrandoci non solo re divini, ma un padre, una madre, una famiglia.
La rivoluzione di Amarna ci ha lasciato una lezione potente: anche la civiltà più immutabile può essere scossa fin nelle fondamenta da un singolo sogno. E anche quando il sogno fallisce, la sua audacia lascia dietro di sé una crepa indelebile nella maschera dell'eternità.
Tabella 1: Cronologia e Ipotesi di Successione del Periodo Amarniano
Figura Regale | Ruolo/Relazione con Akhenaton | Anni di Regno (ipotesi) | Ipotesi Storiografiche sull'Identità e il Ruolo |
Amenhotep III | Predecessore, padre | ca. 1388-1350 a.C. | Pre-Atonismo, regno di prosperità. |
Akhenaton | Faraone della riforma religiosa | ca. 1351-1334 a.C. | Fondatore del culto di Aton e di Akhetaton. |
Nefertiti | Grande Sposa Reale | Parte della "triade divina" con Aton; potenziale coreggente. | |
Smenkhkare | Successore/Coreggente | ca. 1335-1333 a.C. | Possibile co-reggente maschile. Identità dibattuta. |
Neferneferuaten | Faraone sconosciuto | ca. 1334-1332 a.C. | Spesso identificata con Nefertiti o Meritaten. |
Meritaten | Figlia e moglie di Smenkhkare | Probabile regnante come faraone donna, identificata con Neferneferuaten. | |
Tutankhamon | Successore/Figlio (?) | ca. 1332-1323 a.C. | Restaura il culto di Amon e riporta la capitale a Tebe. |



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