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Il deserto dei vivi e la città dei morti: la doppia anima dell'antico Egitto


IL dio Khnum forma sul tornio il corpo e il ka di ogni uomo e donna.


Sopravvivere alla morte è un ossimoro concettuale.  Eppure, tale anelito ci appartiene, come i sogni e i sorrisi.  È parte di noi e dei nostri lontanissimi antenati. Così, ci spingiamo a immaginare ciò che non si vede a cercare ciò che non si trova. Tutto pur di trascendere la finitezza della nostra esistenza.

 

Gli Egizi avevano trovato l’escamotage della mummificazione e del complesso rituale funebre che avrebbe dovuto agevolare la rinascita dello spirito dalla immobile materia.

Quest’ulitma però era solo un dei piani dell’esistenza. Nella costruzione metafisica, avevano suddiviso il cosmo in: piano terreno, piano celeste superiore e piano celeste inferiore (o Duat).

A sua volta ogni essere vivete era diviso in diverse componenti spirituali, di cui abbiamo già parlato: ren, ombra, ba, ka, akh, khat.

L’acqua, principio vitale, avvolgeva il Cosmo che conteneva gli astri, visti come emanazione divina e immortale.

Il concetto chiave per comprendere la mentalità egizia è proprio questa: emanazione. La vita è una emanazione del principio unico alla base della creazione che si è poi riverberato in numerose emanazioni divine, gli dèi. Ad esso si deve necessariamente unire il principio della correlazione. Tutto, nella visione egizia, è in costante relazione e connessione in gioco armonico basato sul mantenimento dell’ordine naturale.

Non a casa, il ciclo vitale si muoveva al ritmo costante e inalterato del sole: il suo viaggio diurno e notturno è diventato paradigma della vita e della morte. Osservando la natura, gli egizi trassero i principi della loro spiritualità che, come narrato nella Via di Iside, affonda le sue origini nella preistoria e, cosa più importante, nei riti sciamanici.

  

In armonia con le loro intuizioni, gli Egizi ritenevano dunque essenziale che anche il corpo fosse ben conservato, in quanto elemento del piano terreno e componente di quella che noi neoplatonicamente chiamiamo “anima”.


Come nascono i bambini?

Un mito egizio narra che i bambini venissero posti nel grembo della madre dal dio Khnum, dopo che questi lo aveva creato sulla sua ruota da vasaio. Il dio Khnum dalla testa di ariete, infatti forma va il corpo fisico ma allo stesso tempo anche una copia spirituale, identica a quella fisica, nei bisogni, desideri e aspettative. Questo era il KA, una delle componenti spirituali. Aveva una spetto spettrale e veniva conservato nel cuore.

Gli dèi possedevano più Ka, ad esempio Ra ne vantava almeno 14. Anche alcuni faraoni sostenevano di avere più Ka: Hatshepsut affermava di possederne nove.

 

Dopo la morte, il KA veniva separato dal corpo e avrebbe abitato la tomba per restare vicino al corpo, di cu era un doppleganger spirituale. E poiché esso aveva bisogno di tuto ciò che una persona necessitava per vivere (cibo, bevande, profumi, vesti, riparo dal sole cocente) si provvedeva a dotare il sepolcro di tali beni. A questo servivano le raffigurazioni della tavola delle offerte: situata di fronte alla stele o alla falsa porta, spesso nel cortile o nella cappella della tomba, era un elemento fondamentale per le offerte di cibo e bevande. Le tavole potevano essere in pietra o in argilla e presentavano spesso delle scanalature per far defluire i liquidi.


Il Ba, come il Ka, era unico per ogni persona, e per funzione potremmo dire che corrispondeva al nostro concetto di carattere o personalità. Veniva raffigurato come un uccello con testa umana. Si pensava che il BA fosse entrato nel corpo (descritto come il suo "trespolo") alla nascita, insieme al respiro della vita; entrambi, poi, avrebbero abbandonato il corpo alla morte.


Sulla mummia venivano recitati incantesimi magici per consentirle di trasformarsi in un'entità, una forma che le avrebbe permesso di continuare a esistere nell'aldilà. Questa entità, chiamata akh, avrebbe poi raggiunto gli dèi nel regno dei morti. L'obiettivo di tutti gli incantesimi funerari era uno solo: garantire al defunto la trasformazione in AKH scongiurando il rischio di una seconda morte, una morte definitiva da cui non ci sarebbe stato ritorno.


L'ombra e il nome (ren)

Nella concezione egizia dell'esistenza umana c'erano altri due elementi la cui sopravvivenza era essenziale. Un individuo era inseparabile dalla sua ombra, che rispecchiava ogni movimento, sebbene fosse ovviamente incapace di qualsiasi atto proprio.


Se qualcuno si fosse comportato male, ci sarebbe stata la potenziale minaccia che la sua ombra venisse divorata da un demone noto come "divoratore di ombre".

Privare un essere umano vivente di un'ombra significava privarlo dell'esistenza stessa.

 

Ma forse l'aspetto più significativo di una persona era la sua vera essenza, lo spirito di individualità che distingue un essere dall'altro.

Questa essenza era racchiusa nel nome dato al bambino alla nascita. Finché il proprio nome veniva pronunciato, così credevano gli egiziani, l'immortalità era assicurata. Quindi la protezione del nome del defunto era vitale. La tomba, la mummia, gli oggetti, i dipinti e i rilievi erano tutti progettati per aiutare a preservare il nome dell'individuo. L'orrore più grande era vedere il proprio nome distrutto, strappato via dal piano dell’esistenza.


La morte nell'antico Egitto

Fin dai tempi antichi, l'Egitto ha dovuto affrontare una significativa scarsità di terra abitabile. Di conseguenza, i suoi abitanti hanno scelto di utilizzare il deserto caldo e secco per le sepolture. Vicino alle aree urbane, enormi cimiteri si estendevano sulla sabbia per diventare necropoli, o città dei morti, con file di tombe che formavano ampie strade. Edifici eleganti e talvolta alberi e giardini le costeggiavano. Molte di queste grandi tombe ben costruite sono sopravvissute quando le case dei vivi sono scomparse da tempo. Per questa sola ragione le persone hanno teso a immaginare l'Egitto come una società orientata alla morte.


Sepolture dei re-dei

Le sepolture neolitiche, nel periodo precedente alla storia egiziana scritta, erano semplici tombe a fossa nella sabbia delle frange del deserto. Le persone in questo periodo antico venivano sepolte con corredi funerari come ceramiche, perline e utensili. Il corpo, inizialmente semplicemente adagiato in una fossa poco profonda, finì per essere coperto e la fossa stessa chiusa. Queste sepolture riflettevano le modeste necessità di un popolo semplice. Con lo sviluppo della società crebbero anche le aspirazioni per l'aldilà.

Intorno al 3100 a.C., quelle che in precedenza erano state comunità agricole vagamente legate, sparse lungo il Nilo, furono unite dalla volontà politica di un potente capo. Forse un secolo dopo i suoi discendenti conquistarono l'area del delta del nord e l'intero Egitto fu unito. I primi re costruirono il loro palazzo a circa 15 miglia (25 km) a sud del moderno Cairo, ma sembra che siano stati sepolti in enormi tombe piatte, nell'Alto Egitto ad Abydos, circa 60 miglia (100 km) a nord della moderna Luxor (Tebe), per i primi 400 anni di storia faraonica. Nel frattempo, una grande città, in seguito chiamata Menfi dai Greci, si sviluppò attorno alla corte reale nel nord. E qui, per i successivi 4000 anni, vissero e morirono molti dei più grandi e ricchi egiziani. Furono sepolti lì vicino, in una gigantesca necropoli, oggi nota come Saqqara. Come quelle dei primi re, molte delle tombe qui erano edifici grandi, bassi e piatti. Assomigliano alle panche di pietra spesso viste fuori dalle case in Medio Oriente e sono chiamate con la parola araba per panca mastaba.


Intorno al 2700 a.C., le sepolture reali avevano iniziato a essere fatte vicino alla capitale Menfi. Il re aveva raggiunto uno status divino e questo si rifletteva nella sua sepoltura. Per tutta la durata dell'Antico Regno, un periodo durato circa sette secoli, furono costruite piramidi per ospitare resti mortali reali. La forma della piramide stessa sembra essersi sviluppata accidentalmente. La piramide a gradoni di Saqqara iniziò come la solita forma a mastaba, che può essere chiaramente vista nei suoi strati più bassi. Ma successive mastabe furono aggiunte sopra l'originale, fino a formare una piramide a gradini. La forma deve essere stata gradita agli egiziani, riflettendo come faceva la loro fede nel "tumulo della creazione" su cui gli dèi avevano creato per primi la vita e dove si credeva che anche l'anima del loro dio-re sarebbe rinata.

A questo punto si apre la delicata questione delle piramidi, sulla quale, per ora non mi pronuncio. È vero che sulla piana di Giza, attorno alle piramidi di Cheope, Chefren e Micerino sorse una città di tombe a mastaba, ciascuna utilizzata dai membri della famiglia reale o da una famiglia promossa dal faraone.

Intorno al 2700 a.C., le sepolture reali avevano iniziato a essere effettuate vicino alla capitale di Menfi. Il re aveva raggiunto uno status divino e questo si rifletteva nella sua sepoltura. Per tutta la durata dell'Antico Regno, un periodo durato circa sette secoli, furono costruite piramidi per ospitare resti mortali reali. La forma della piramide stessa sembra essersi sviluppata accidentalmente. La piramide a gradoni di Saqqara iniziò come la solita forma a mastaba, che può essere chiaramente vista nei suoi strati più bassi. Ma successive mastabe furono aggiunte sopra l'originale, fino a formare una piramide a gradini. La forma deve essere stata gradita agli egiziani, riflettendo come faceva la loro fede nel tumulo della creazione su cui gli dèi avevano creato per primi la vita, e dove si credeva che anche l'anima del loro dio-re sarebbe rinata. La sperimentazione con il design e il grado di angolazione alla fine culminò nelle tre enormi piramidi di Cheope, Chefren e Micerino a Giza. Intorno a ogni piramide, sorse una città di tombe a mastaba, ciascuna utilizzata dai membri della famiglia reale o da una famiglia promossa dal faraone.




paesaggio egizio con tomba

 

Il deserto dei vivi e la città dei morti: la doppia anima dell'antico Egitto
Immortalità per tutti?
A differenza adi quello che per lungo si è creduto – me compresa – sembra che no nvi sia stata una democratizzazione dell’aldilà, nel senso che vi è sempre stata.

Sostenitori principali della teoria della democratizzazione:

James Henry Breasted: Fu il primo a teorizzare una "popolarizzazione" delle usanze funerarie delle classi superiori nel Medio Regno. Conia il termine "Testi dei Sarcofagi" per la letteratura funeraria del Medio Regno, ritenendola più adatta alle esigenze dei "comuni mortali"

Alan Gardiner: Sosteneva che l'identificazione con Osiride, inizialmente esclusiva del faraone, fosse stata "usurpata" dai nobili e poi da tutte le classi sociali. Identificazione con Osiride come "usurpazione" del rituale funerario reale.

Kurt Sethe: Le sue ricerche sui Testi delle Piramidi evidenziarono come questi testi, inizialmente concepiti per il re, fossero poi stati utilizzati anche per i non reali. Considera i testi funerari del Medio Regno come una "fase di sviluppo" della letteratura funeraria reale.


Critiche alla teoria

L'idea di una vera e propria "democratizzazione" è messa in discussione dalla mancanza di prove concrete di un cambiamento radicale nelle pratiche funerarie e nelle credenze religiose.

L'assenza di testi funerari nelle tombe dei non reali nell'Antico Regno potrebbe essere dovuta a ragioni di "decoro" e non a una reale esclusione dall'aldilà.Molti studiosi sottolineano una sostanziale continuità tra Antico e Medio Regno, con testi e rituali simili utilizzati per entrambi i contesti sociali.

Ad esempio:

Edward Brovarski: dimostra l'uso dell'epiteto "Osiride" per i non reali già durante l'Antico Regno (metà del regno di Pepi II).


Khaled Daoud: suggerisce che l'uso dell'epiteto "Osiride" per i non reali nel Primo Periodo Intermedio potesse essere considerato "provocatorio".

C’è da notare che la maggior parte degli studiosi oggi concorda nel negare una "democratizzazione" intesa come un cambiamento improvviso e radicale nell'accesso all'aldilà. Si riconosce piuttosto un'evoluzione graduale nel corso del tempo, con una progressiva estensione di alcune pratiche e credenze a un pubblico più ampio, ma senza una completa uguaglianza. il dibattito rimane aperto e in attesa di nuove ricerche per comprendere meglio le sfumature e le complessità del rapporto tra società, religione e pratiche funerarie nell'antico Egitto.


Ciò di mostra che la storia è un processo in divenire e che interpretae il passato con i paradigmi-preconcetti-pregiudizi del presente conduce a mistificazioni. Solo evitando tali errori, si potrà arrivare a comprendere il deserto dei vivi e la città dei morti: la doppia anima dell'antico Egitto




 
 
 

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