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C'era una volta un ratto, un mulo e un riccio nano...




Non ricordo con esattezza il giorno in cui il Furfante è venuto da me. So che è successo alcuni anni fa e che da allora non se ne è più andato. Avevamo una storia, la sua storia, da raccontare e così è stato.


C'era una volta un ratto, un mulo e un riccio nano che vivevano nella stalla dal tetto giallo a Borgodoro, nel regno di Valhambra. La vita era dura, fatta di gran fatica e lavoro. Tra scudisciate e bastonate si procedeva dall'alba al tramonto, ogni dì che Berbek, il Signore del Gelo e del Malanno, mandava su Valhambra.


Gli umani che abitavano i sette borghi tribolavano alla stessa maniera. Il cibo era sempre scarso, le case sgangherate non riparavano dagli artigli sferzanti di Berbek e i sogni s'erano fatti bigi come il crepuscolo nevoso.

I messeri dei borghi avevano il desco pieno, vesti calde e imbottite, e case riscaldate grazie all'estenuante lavoro degli abitanti dei borghi; tartassati, mal pagati e sfruttati non trovavano mai il coraggio di reagire. D'altronde era la Legge di Berbek, così funzionava la catena della vita: c'è chi comanda e chi obbedisce, c'è chi vive e chi muore.

I gran signori dei borghi erano i prediletti di Berbek ed era giusto che contadini, fornai, taglialegna, fabbri si adoperassero per far sì che nulla mancasse loro. Anche a costo della vita. La catena della vita era severa e indifferente alle miserie dei cuori spauriti ma non si fermava, né aveva fine.


Lo stesso valeva per le creature del borgo e della foresta che pativano per le angherie di Berbek, il Signore del Gelo e del Malanno, e degli umani; quest'ultimi, forse per indole o per desiderio di rivalsa, si accanivano con acredine ed efficiente talento a infliggere tormenti e sciagure ad ogni animale che capitava loro a tiro.

Quante erano state le creature sterminate dalle incessanti battute di caccia e quante ogni giorno pativano sotto il giogo del carro, della frusta o per i carichi eccessivi?

Attorno ai borghi, le fosse delle taglienti bocche-del-boia si riempivano di incaute bestiole che, in cerca di cibo, finivano per diventare esse stesse pietanza da desco per i messeri. Vittime dell'ingordigia di pochi e della cattiveria di molti.





Un grido di dolore, un grido di rabbia per le vite spezzate agitava la foresta di Aglaia.


Valhambra non era destinata agli uomini ma essi, con l'inganno, se ne impossessarono, facendo a pezzi il suo spirito ancestrale. I sussulti, che squassavano le tane dei conigli e dei tassi, i nidi delle rondini e dei corvi, facevamo gemere le radici stanche e tremare il cielo pesante finché una notte un artiglio calò su trappole e tagliole, facendo a pezzi le bocche-del-boia e liberando chi era in prigioniero.


Era l'artiglio del Furfante, apparso all'improvviso per proteggere le creature di Valhambra. Intrepido e coraggioso con magica destrezza copriva le distanze e percorreva i sentieri segreti della foresta svuotando le fosse e curando i feriti con la magica pomata allo zenzero.

Pian piano il desco dei messeri si svuotava, costringendoli a odiate diete. Lividi di rabbia misero una taglia il famigerato Furfante che, con il volto celato da un cappuccio, ogni notte sfidava il pugno ghiacciato di Berbek, i guardafosse dei borghi e qualunque ostacolo che tentasse di rallentarlo e sconfiggerlo, come il famigerato cacciatore mercenario Giancorto di Rivasecca, assoldato da Borgodoro proprio per difendere le fosse delle trappole, e Ombra, una perfida ceratura caliginosa, apparsa anch'essa all'improvviso e decisa a intralciare la missione del Furfante.


Chi è il Furfante delle fosse? Come fa essere così veloce e sfuggente? Qualcuno vocifera che sia un folletto ma nessuno conosce la sua identità.

Il romanzo Furfante di Valhambra è una favola fantasy ambientata nell'immaginario mondo medievale di Valhambra dove domina un inverno perenne, chiamato Berbek, Signore del Gelo e del Malanno. Da tempo immemore, egli tende il grande arco di ghiaccio e, attingendo alla faretra che si esaurisce, scaglia frecce tempestose in tutta Valhambra. Turbini ventosi, grandine e pioggia spazzano la terra di Valhambra e i suoi borghi. A volte le sue tempeste durano solo poche ore, altre invece giornate intere. Quando il terribile Signore dell’Inverno tossisce la sua rabbia ventosa, può grattar via la pelle dalla faccia!


Sette rune, una per ogni capitolo, accompagnano il lettore e il protagonista nel viaggio alla scoperta di se stesso e del senso della propria esistenza.

Il viaggio tra imprevisti, pericoli e dolori è il meccanismo che permette a ciascuno di noi, non solo al protagonista, di trasformarsi e di acquisire la consapevolezza; è un archetipo potente e universale che ben rappresenta la vita stessa. L'ignoto, i conflitti e le prese di coscienza sono la grande metamorfosi di cui l'esistenza è intrisa: un ciclo di vita-morte-rinascita che non si arresta e prosegue in moto perenne.

Ogni viaggio ha in sé è la scintilla che conduce alla luce della completezza, poiché avviene all'esterno (attraverso ostacoli e successi) e verso l'interno (dentro di noi e verso i "Sè interiori").

Un viaggio non è mai solo "spostarsi da un punto a un altro", ma è una vera rivoluzione di noi stessi, piccola o grande che sia. E questo vale anche per il Furfante.


Sette borghi fortificati sono presenti di Valhambra:

- Coccio di Roccia, la capitale.

- Borgodoro

- Salicenero

- Lanaforte

- Ghiandadolce

- Ferrofuso

- Querciamatta.


Ogni borgo ha la sua attività precipua, come suggerito dal nome, ed è guidato da una coppia di messeri, per lo più tracotanti e avidi, che mirano ad arricchirsi alle spalle degli altri borghi. L'acceso campanilismo e un acuto cinismo affaristico caratterizzano i rapporti tra i messeri dei borghi che tentano in ogni modo di sopraffarsi a vicenda, tra sorrisi di cortesia, banchetti sontuosi e finte smancerie. E tutto ciò sebbene sia chiaro che non possano fare a meno dei beni prodotti rivali; nessun borgo infatti potrebbe sopravvivere senza gli altri. Ma tant'è l'ostinato ed egocentrico animo umano. Così tranelli, intrighi e maldicenze abbondano alla tavola dei messeri come i cosciotti arrosto!


A ovest di Valhambra si estende ciò che resta della foresta di Aglaia, che un tempo abbracciava un capo all'altro del mondo e faceva da nido a miriadi di creature. Ora giace bocconi, con i rami spogli e le chiome secche. Umiliata e depredata dagli uomini, che hanno abbattuto e sradicato gli alberi, cacciato e massacrato le creature della foresta con dissennato ardore; da Berbek che ha ferito con la sua ascia ghiacciata in ogni corteccia, di ogni albero. Tuttavia la foresta non dispera poiché custodisce un segreto nel suo cuore fatato, in un punto inaccessibile agli umani, vive ancora l'albero più antico, potente e magico: è il Frassino Antico sulla cui corteccia è scritta con rune dorate la storia dei mondi.



Viaggiando verso nord o a sud di Valhambra e lasciati i sentieri che annodavano i borghi, si incontra Landa Fanga, la regione senza vegetazione che degradava piano piano in una ruvida e scura pianura dove non cresceva né spuntava nulla di buono. E proseguendo, si finisce dritti dritti sull'orlo dell'Orrido Torrido, la gola larga e profonda che si diceva che fosse stata scavata dagli gnomi Kol, i piccoli minatori che andavano in cerca di metalli preziosi nel ventre della terra, in tempi così antichi da non essere ricordati da nessuno. Le leggende riportano che l’Orrido Torrido non avesse fondo e che a guardar giù si potesse vedere ribollire il sangue di Valhambra. Tutti coloro che avevano tentato di esplorare l’Orrido Torrido e che si erano calati al suo interno erano morti, sciolti dai vapori incandescenti che salivano fino al cielo.



Le vicende del Furfante sono legate a quelle di Ratto, (non svelo troppo della trama per non rovinare la sorpresa al lettore) un piccolo orfano trovato nella foresta durante una battuta di caccia dal messer di Borgodoro. Cresciuto e accudito dagli animali della stalla dal tetto giallo, Ratto - così è stato chiamato- lavora come sguattero tuttofare.

"A Borgodoro tutti conoscevano il piccolo sguattero e lo schernivano per il suo aspetto e per il suo odore. Non cercavano neanche di nascondersi quando ridevano di lui, ma lo facevano additandolo apertamente. E quando passava, piegato dalle ceste piene di letame destinate ai campi da concimare, o coperto di sporcizia dopo aver sgorgato le fogne del paese, tutti si tappavano il naso e facevano grandi smorfie disgustate, riversandogli addosso ogni sorta d insulto. Ratto respingeva le ingiurie con sguardi taglienti e proseguiva con il suo lavoro. Poi nella stalla si accoccolava vicino a Rampino, il buono e vecchio mulo, e con Puntina sul cuore dimenticava le cattiverie della giornata".


Ratto non conosce le sue origini, non sa chi siano i suoi genitori o se sia davvero un folletto. Sa di essere diverso, ma come lo sono tutti gli animali della stalla. Qual è il problema? Ciascuno è ciò che è, senza averlo scelto. Il mulo, il coniglio, il gatto e la gallina sono nati tali, nessuno ha chiesto loro che pelle volessero indossare. Come aveva imparato, gli animali non si deridevano l'un l'altro, né disprezzavano la loro natura. Allora perché gli umani lo colpevolizzano per qualcosa che non dipende da lui?

Per gli amici della stalla dal tetto giallo questo non è mai stato un problema, e ciò gli basta. Assai poco importava se per gli abitanti del borgo Ratto faceva rima con “matto”.


Al piccolo Ratto non servono le parole per comunicare con gli animali, poiché riesce a percepire le emozioni e gli stati d’animo di ogni creatura come fossero parole incise nel legno. Sente il sussurro segreto della foresta che si spandeva da tronco a tronco in una lingua incomprensibile ma armoniosa. L'avrebbe trovata bellissima se non fosse stato per la tristezza di cui era pervasa. Ratto avverte il battito vitale di Aglaia e di tutto ciò che in lei vive. Il suo è un vero talento fatato di cui nessuno conosce l’origine.


Molti sono gli amici su cui il Furfante può contare: la banda dei gatti, i muli Rampino e Zampastorta, il lupo Lunapiena, il riccio nano Puntina. Con loro e per loro il Furfante porta avanti la sua lotta per la sopravvivenza e per la fine delle atrocità perpetrate a danno delle creature di Valhambra.


Una magia arcana e potente è all'opera per riportare Equilibrio e Armonia nella terra sofferente di Valhambra.

Nel cuore fatato della foresta, il Frassino Antico attende il compiersi di un’antica profezia: solo il Furfante può liberare la terra di Valhambra dal gelo perenne che la tormenta, e farla rinascere verde, senza dolore e senza morte.


Ci riuscirà? Cosa accadrà a Ratto e agli altri animale della stalla dal tetto giallo? Qual è il segreto custodito dalla foresta di Aglaia?


Le rune incantate stanno già scrivendo la storia sulla corteccia di frassino, la vuoi conoscere?

Se vuoi la tua copia del libro in corteccia di frassino, clicca sull'immagine e... buon viaggio a Valhambra in compagnia del Furfante e degli amici della stalla dal tetto giallo.






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