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Antico Egitto: i vasi canopi - NUOVO REGNO


elaborazione con ai del volto di Tutankhamon



Mummie: un viaggio tra antichi rituali e falsi miti

Quando si sente la parola "mummia", l'immagine che si materializza nella nostra mente è quella dell'antico Egitto. Ma perché le mummie dei faraoni esercitano un tale fascino su di noi?

Sicuramente, le scoperte archeologiche hanno contribuito a catturare la nostra immaginazione, ma è innegabile che la cultura pop del XX secolo abbia giocato un ruolo fondamentale nel renderle protagoniste, soprattutto di film horror di serie B.


Nota a margine: Ok, non riesco ad essere così severa, l'espressine "serie B" mi ferisce. Alucne pellicole, benché non sempre apprezzate, mi sono rimaste nel cuore. Ovviamente si tratta di una mia opinione personale, legata a sensazioni e emozioni dell'infanzia.

Da bambina rimasi catturata dalla vicenda narrata dal film La mummia con Boris Karloff del 1932. Lì c'era tutto: il papiro magico, un amore tragico, il mistero della reincarnazione.

Però, uno dei miei preferiti è Alla 39a eclisse (The Awakening) con Charlton Heston e Stephanie Zimbalist. L'atmosfera della vicenda, liberamente ispirata al romanzo 'Il gioiello delle sette stelle' di Bram Stoker, mi ha conquistato, grazie alle musiche, alle ambientazioni al Cairo, alle scene girate al Museo Egizio e nel deserto. La figura della regina-faraone Kara, con il suo mistero legato alla reincarnazione, è un elemento che mi ha affascinato e turbato: l'arcano rituale che ne svela il segreto, con il ruolo cruciale della mummia e dei vasi canopi, aggiunge un ulteriore elemento di magico.

Ok, in certi punti la trama scricchiola non poco e non è storicamente corretto, tuttavia, sapendo ciò, ne apprezzò le atmosfere magiche e folklorisitiche.

In generale, queste pellicole, comprese quelle del ciclo La mummia con Brendan Frazer, spesso sono state più interessate a spettacolarizzare l'antico Egitto che a raccontarlo, finendo per appiattire una una cultura complessa e ricca di significati spirituali.

Il rito magico di riportare in vita i morti, specie mummie crudeli o sadiche, è diventato nell'immaginario colelttivo un leitmotiv difficile da scalzare.


In realtà, gli egizi non credevano nella resurrezione nè nella reincarnazione. La morte era un "passaggio di stato dimensionale" irreversivibile e immutabile. Come detto nel Canto dell'arpista del 2000 a.C. "non si può usicre dall'Occidente (Duat)", intentendo che dall'aldià non vi è ritorno.


Il periglioso viaggio nell'aldilà, dunque, andava affrontato con una serie di "strumenti magici" che ne avrebbero faovrito il successo e, come detto nei precedenti articoli, tra essi vi erano le bende e i vasi canopi.

Pensare che le praitche funerarei siano rimate inalterate per tremila anni sarebbe ingenuo. Infatti, nel corso dei secoli esse i sono evolute nelle forme, pur rimanendo coerenti nel loro aspetto spirituale.


Sfatiamo un mito: gli Egizi non erano affatto ossessionati dalla morte!

Al contrario, nel corso della loro storia millenaria, hanno dimostrato una straordinaria capacità di innovazione, soprattutto nel modo di affrontare il viaggio verso l'aldilà.


L'immagine di un popolo conservatore, che non ha subito cambiamenti nel corso dei tremila anni della civiltà faraonica, è ingannevole. È vero, lo stile artistico presente sulla tavolozza di Narmer (circa 3050 a.C.) può sembrare simile a quello visto nei templi di Dendera (I secolo d.C.), così come le bare antropomorfe del 2000 a.C. possono ricordare quelle del 200 a.C.

Tuttavia, uno studio più approfondito rivela cambiamenti significativi nelle pratiche e nei concetti legati alla morte. Prendiamo ad esempio i vasi canopi, utilizzati per contenere le viscere rimosse durante il processo di imbalsamazione: da semplici contenitori funzionali, si sono trasformati, nel corso dei secoli, in oggetti di profondo significato rituale, tanto da continuare ad accompagnare la mummia anche quando il loro scopo pratico è venuto meno.


Classi sociali e corredi funerari

Ovviamente, la "dotazione magica" variava a seconda del rango sociale: tombe molto semplici, beni funerari essenziali, mummificazione di base per i meno abbienti; cappelle, sarcofagi, maschere, mattoni magici e molto altro per le classi elevate. Questo, ahimè, aveva un peso sull'efficaica del destino ultraterreno. Diffusi e affermati in tutto il regno, i laboratori di imbalsamazione sapevano come rendere il trapasso a portata di tutti: se una maschera funeraria in oro e argento era troppo costosa, ne proponevano una in stucco bianco e foglia d'oro; se i contenitori di alabastro egiziano per le interiora del defunto erano fuori budget, offrivano in alternativa un set in terracotta dipinta. Questo valeva nache per il Libro die morti che veniva personalizzato con il numero di formule che il cliente poteva pagare.

Indubbiamente, accanto all'aspetto magico, a cui film e libri ci hanno abiutato, l'archelog adegli ulitmi anni ha svalto aspetti molto pratici e imprenditoriali degli egizi che forse non ci aspettavamo. Troppo spesso, però, alteriamo la percezione di una civiltà in base a narrazioni che elaboriamo o alteriamo per produrre "la storia" che ci piace. Gli egizi non erano alchimisti, nè antesignani di mago Merlino o Nostradamus: erano esseri umani come noi, attenti alla spiritualità e agli affari.


"Erede di Atlantide e profondo conoscitore dei segreti della vita e della morte" è più suggestivo di "abile imprenditore di pompe funebri".

Antico Egitto, i vasi canopi nel Nuovo Regno: un'evoluzione significativa


Rispetto al Medio Regno, una delle prime grandi differenze risiede nell'attenzione posta alle dee tutelari (Iside, Nefti, Neith e Selkit) le quali veniva raffigurate sulla parte anteriore o posteriore dei contenitori canopici. Nel caso del tabernacolo di Tutankhamon, le dee letteralemente abbracciano la struttura così da proteggere e sostenre lo spirito del faraone nel suo viaggio nella Duat.



santuario di vasi canopi di Tutankhamon

Le "scatole" precedenti, semplici e anonime, vennero sostituite da contenitori a forma di santuari quadrati con una cornice a cavetto svasata, la parte anteriore arrotondata, il coperchio inclinato; tutto montato su slitte. Esempi di tale fattura sono stati ritrovati nei corredi funerari risalenti ai regni di Thutmosis III e di Hatshepsut .

In generale fino alla XVIII a dinastia lo stile dominante dei vasi canopi prevedeva teste umane, poi si affermò quella di identificare ogni vaso con i 4 figli di Horus e il corrispettivo animale totemico. Un esempio è la sepoltura della grande sposa reale Tuye (nonna di Akhenaton), dove i vasi canopi erano in calcite e ciascuno aveva il coperchio con testa umana.


Cosa ne pensava Aton?

Durante il periodo di Amarna (circa 1353-1336 a.C.) , l'uso dei vasi canopi diminuì e la documentazione a riguardo è scarsa. Tuttavia, sono stati ritrovati quattro vasi canopi nella tomba KV55 nella Valle dei Re, appartenenti probabilmente a una delle figlie di Akhenaton e poi riutilizzati per la moglie secondaria del re, Kiya. Questi vasi presentano decorazioni elaborate e iscrizioni che menzionano il re, il dio Aton e il defunto.

Il re Akhenaton stesso aveva un sarcofago con decorazioni che richiamavano quelle dei suoi predecessori, ma con alcune modifiche, come la presenza del falco, simbolo del dio Ra, al posto delle dee protettrici.


Teste umane dei vasi canopi di Nefernefruaton presenti nel corredo di Tutankhamon.

Queste ultime riappervero nel corredo di Tutankhamon e si capisce anche il perché: la sua sepoltura doveva rifelttere il ritorno ai canoni classici tradizionali. Le quattro dee protettrici infatti avvolgevano gli angoli del santuario in legno dorato che contentava i preziosi vasi canopi. La delicata e superba fattura di quest'ultimi non ha eguali; inoltre essi rivelano come in origine fossero stati realizzati per Nefernefeuaton, misteriosa regian faraone che regnò per un breve periodo prima di Tutankhamon. Si trattava della regina Nefertiti? Della sorella Merytaton o forse di un'altra ancora? Ogni ipotesi è tuttora al vaglio delle prove archeologiche.


Trasformazioni

Durante il Nuovo Regno, in particolare nella XIX dinastia (dinastia ramesside), il materiale più usato fu sempre il legno, anche se si continuò a preferire la calcite, soprattutto per i corredi reali. I contenitori per i vasi canopi continuarono ad avere la forma di un santuario con la presenza delle dee protettrici. Tuttavia, si riscontra una gamma più ampia di approcci decorativi e infatti il giallo divenne il colore predominante. Le figure che decoravano questi contenitori erano dipinte con diversi colori e talvolta presentavano dettagli che richiamavano l'aspetto del defunto.

La XX dinastia sostituì le casse di pietra "integrali" con giare separate e di dimensioni maggiori, forse per motivi di praticità. Durante il regno di Ramsess VII ci fu un'ulteriore e drastico cambiamento: i vasi canopi, ora grandi, quasi giganti, venivano posti in nicchie apposite, due per ogni lato del sarcofago, e non più alla base dello stesso, come in precedenza.


Coerenza

Trasformazioni a parte, la funzione magica e sacra dei vasi canopi rimase inalterata nel tempo, testimoniando come per millenni alcuni capisaldi della spirtulità egizia non mutarono mai, ma andarono ad adattarsi al gusto ora estetico, ora pratico delle mode del tempo e delle possibilità economiche.

Materali, decorazioni, disposizione erano parte degli strumenti sacri che conferivano al viaggio verso l'aldilà un carattere di completezza e protezione in grado di assicurare al defunto il benessere spirituale per affrontare il misterioso viaggio trasformativo.









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